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La Rinascita della Palazzina Masieri
Una storia veneziana di architettura, memoria e cura

Per molti anni, la Palazzina Masieri è rimasta in silenzio. La sua facciata in mattoni, affacciata su uno dei tratti più suggestivi del Canal Grande, nascondeva un racconto complesso, fatto di progetti immaginati, visioni interrotte e trasformazioni inattese. La storia del luogo prende avvio nei primi anni Cinquanta, quando il giovane architetto Angelo Masieri, laureato allo IUAV, si reca con la moglie negli Stati Uniti per commissionare a Frank Lloyd Wright la propria casa veneziana. Il viaggio è spezzato da un tragico incidente, ma il desiderio della famiglia di sostenere un’opera moderna a Venezia rimane intatto. Wright accetta di progettare, non più una residenza privata, ma un centro per studenti. Nel 1953 il progetto viene presentato all’American Academy of Arts and Letters, ma le autorità veneziane ne negano l’approvazione: il sogno di vedere un’opera wrightiana sul Canal Grande si interrompe, lasciando un vuoto progettuale destinato a segnare la storia del luogo.

Quel vuoto viene colmato solo anni dopo, quando la Fondazione Angelo Masieri affida l’incarico a Carlo Scarpa, chiamato a trovare un equilibrio difficile tra innovazione e rispetto del contesto storico. Scarpa sceglie un linguaggio misurato all’esterno, quasi discreto, per poi liberare all’interno una complessità materica e spaziale che riflette la sua poetica. Dopo un cantiere lungo e articolato, completato nel 1983 da Franca Semi, la Palazzina diventa uno degli interventi più intensi dell’architettura veneziana del Novecento, studiata e ammirata, ma allo stesso tempo fragile, esposta al tempo e alle difficoltà gestionali che caratterizzano molti beni pubblici.

Negli anni più recenti, l’edificio rischiava di scivolare verso una condizione di abbandono definitivo. La riattivazione della Palazzina è nata da un percorso articolato, avviato dalla Fondazione e sviluppato grazie al contributo di Heritage Asset Management, società fondata dagli architetti Roberta Bartolone e Giulio Mangano, in partnership con Galerie Negropontes. L’approccio si è fondato su un principio semplice ma decisivo: conoscere, prima di intervenire. Lo studio approfondito dei documenti, delle stratificazioni e delle vulnerabilità accumulate nel tempo ha permesso di immaginare un modello di utilizzo sostenibile, in grado di restituire alla Palazzina un ruolo attivo nella vita culturale della città.

Il progetto di restauro è stato affidato allo studio Barman Architects, diretto dagli stessi Bartolone e Mangano, che da anni dedica attenzione alle architetture moderne del Novecento e alla gestione di interventi complessi in contesti storici delicati. Qui, il restauro è stato concepito come un gesto di continuità: non un cambiamento, ma un ascolto attento dell’opera scarpiana. Le superfici in calce rasata, compromesse dall’acqua alta del 2019, sono state restituite alla loro lucidità originaria; i pavimenti in pastellone e terrazzo sono stati consolidati; gli elementi metallici, dal ferro agli inserti in ottone, sono stati recuperati con tecniche tradizionali. La bussola in vetro, i radiatori dal disegno caratteristico e gli altri dettagli interni sono tornati a raccontare il linguaggio preciso di Scarpa, senza sovrapposizioni o reinterpretazioni.

Il processo ha coinvolto artigiani specializzati che conoscono i materiali e le logiche costruttive utilizzate da Scarpa, alcuni dei quali già impegnati in restauri di opere come il Negozio Olivetti. Il risultato è un intervento che restituisce all’edificio la sua integrità, rispettandone la natura complessa e la sua identità di architettura viva, capace di dialogare con il tempo senza perdere la propria autenticità.

Con la riapertura del 2024, la Palazzina Masieri entra in una nuova stagione della sua storia. L’edificio torna a essere un luogo aperto, un punto d’incontro fra ricerca e cultura, tra memoria e contemporaneità. La cura dedicata al progetto – nella conoscenza, nella progettazione e nel restauro – testimonia la volontà di accompagnare un’opera centrale dell’architettura veneziana del Novecento verso un futuro più consapevole, sostenibile e condiviso.

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